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Abramović: affiche della libert?

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‘Siamo tutti nella stessa barca’, ovvero una definizione con la quale Marina Abramović non estende o provoca riferimenti precisi e determinati a nessun popolo, etnia, area geografica.

Il gioco compositivo nella pièce dell’affiche creato dall’artista montenegrina riscalda, elaborandolo in chiave contemporanea, lo stretto legame che si instaura tra significato, significante e contesto.

Infatti non si può porre senza una specifica e sensata motivazione un veto dinnanzi ad una bandiera bianca nella quale la scritta We’re all in the same boat sventola libera nelle braccia della performer senza tante pretese.

Il contesto per il quale è  stato creato è quello della di una regata, la Barcolana che ricorre frequentemente a Trieste.

Ma perché un’artista indiscussa internazionalmente, vincitrice del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia (1997), deve essere fraintesa, oggetto di dispute e di polemiche?

Ritengo che una delle ragioni possa essere dovuta a quel colore rosso presente in quei triangoli - nello sfondo della fotografia - forse interpretati da qualcuno come un riferimento ad un colore politico, quando  altro non sono che la stilizzazione di un logo da rintracciarsi  nella Società Velica di Barcola e Grignano (promotori dell’iniziativa).

Nessuno può indurre un riconoscimento o un significato pregiudizievole dalla necessità che ha un’artista di esprimersi e comunicare secondo il proprio stile e la relativa cifra linguistica.

Il caso in questione pone in rilievo la suscettibilità nell’interpretare da parte dell’individuo significati  da inscrivere  ad altri significati. Da ciò si generano, spesso, errori, fraintendimenti poiché è impossibile dissociare il significante al significato e il significante al contesto.

Inversamente, ironia, spirito, calibro moderato o eccessivo furono spesso presenti, nel passato, nelle opere di alcuni artisti,  create allo scopo di essere cronache funzionali alle esigenze del tempo. Dal celeberrimo dipinto Zattera della medusa  (1818-1819) di Thèodore Géricault - in cui la bandiera viene ad essere simboleggiata da una vela - alla La Libertà che guida il popolo (1830) di Eugène Delacroix.

Si evince, quindi, una difficoltà territoriale nell’accettare un manifesto fotografico, e questo substrato culturale ed antropologico, a mio modesto parere, ha origini lontane nel tempo.

Si pensi agli artisti triestini Leopoldo Melticovitz (1868-1944) e Marcello Dudovich (1878-1962), due grandiosi illustratori attivi nel periodo del Art Nouveau.

Ebbene, entrambi, all’epoca in cui vissero, si fecero portatori di uno stile compositivo grafico-visuale in grado di influenzare, con un eccessivo decorativismo, gran parte degli illustratori di quel periodo: Mario Borgoni, (1869-1936) Aleardo Villa (1865-1906), Aldo Mazza (1880-1964), etc.

Trascorso oramai oltre un secolo bisognerebbe comprendere come le necessità globali della comunicazione visuale siano virate e, per questo, un’artista camaleontica come Marina Abramović debba essere interpretata, compresa nelle logiche di pensiero del nostro tempo: pulizia minimale nella composizione, contrasto bilanciato nei colori, tavolozza basica, funzione metateatrale dell’artista autoenunciatasi nell’atto performante di sventolatrice.

We’re all in the same boat risulta pulito nel suo insieme e, visto che di barche si parla nella manifestazione triestina, questo pensiero occorrerebbe lasciarlo fluire libero nella mente di coloro che sono stati, a vario titolo, invitati a partecipare all’iniziativa.

Recedere, indietreggiare, mutarne la comunicazione, è indice di una paura totalmente insensata ed ingiustificata.

 

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